In fotografia l’iperfocale è una distanza. Più precisamente la distanza del punto a cui mettere a fuoco in modo da rendere massima la profondità di campo, a sua volta definibile come l’intervallo di distanze dal punto di ripresa entro le quali gli oggetti ripresi risultano accettabilmente nitidi.
La scelta questo nome per un sito che ospita discorsi sulla fotografia dichiara la volontà rendere ciò di cui ci si occupa “accettabilmente nitido” nel modo in cui gli argomenti sono trattati e trasmessi.
Resta da fare i conti con quell’avverbio, “accettabilmente”, che introduce un elemento qualitativo apparentemente in grado di negare ogni rigore alla frase. E così come le definizioni complete di iperfocale cercano di ridurre l’aleatorietà di questa parola anche i contenuti di questo sito cercheranno di sottintendere e lasciare nel vago il meno possibile dei concetti che tratteranno.
Probabilmente non si leggerà nulla di rivoluzionario, sorprendente o anche semplicemente originale; qualche riga pertinente e magari utile a suscitare qualche riflessione sarà valsa la pena di essere scritta.
Queste le rubriche del sito; qualche dettaglio in più lo troverete nelle pagine di introduzione ad ogni sezione :
- Grandangolo: riflessioni sulla teoria della fotografia e i suoi risvolti estetici e sociali.
- La Macchina della Fotografia: analisi e letture fotografiche
- Attrezzature: recensioni di libri di fotografia, arte, estetica
- Fuori fuoco (in arrivo): uno spazio per gli off-topic, perché non si vive di sola arte e fotografia.
Due parole su di me
In poche parole
Laurea in Ingegneria Elettronica (vecchissimo ordinamento) sono un analista informatico e un fotografo d’arte con base a Roma, Italia. Diplomato in fotografia allo IED di Roma, mi interesso soprattutto di fotografia di paesaggio urbano, notturna e diurna, e still life non commerciale.
La versione lunga
Prima gli studi di ingegneria, quando per parlare con un calcolatore era necessario perforare schede; negli stessi anni la musica, trovata nelle corde di una chitarra e conosciuta sul serio attraverso quelle ben più numerose di un liuto barocco. Quindi la critica musicale e la musicologia come lente per osservare la cultura rinascimentale e barocca. Quella per la fotografia è una passione tardiva, che ha chiamato a sé gli entusiasmi insospettabili della maturità .
C’è da chiedersi se non sia stata una scoperta arrivata a giochi già fatti, quando la fotografia è morta, travolta dallo tsunami del suo successo. Viviamo giorni nei quali si stima vengano scattate nel mondo più di tre miliardi di foto (fonte https://blog.infotrends.com); una valanga di immagini che comprime la distanza tra “visto” e “fotografato” e schiaccia fino ad annullarlo il senso della fotografia intesa in modo classico. Che ne è, allora, delle ragioni della produzione di immagini da contemplazione, prive cioè di connotazioni documentali o commerciali? Ha ancora senso perseguire un approccio esteticamente meditato e tecnicamente attrezzato per produrre risultati paragonabili a quelli raggiunti magari involontariamente solo per la forza della legge dei grandi numeri?
La risposta che mi sono dato è che la fotografia intenzionale trova proprio nella intenzionalità la ragione del suo essere; una intenzionalità più intensa di quella che muove il dito su uno smartphone e che si realizza in un messaggio più profondo e universale capace di scaturire dall’immagine catturata. E, oltre a ciò, credo che ancora oggi la fotografia possa ritrovare la sua specificità nella caratteristica che l’ha individuata fin dai suoi esordi: la selettività. Fotografare ha significato da sempre selezionare, decidere cosa includere e come includerlo nella cornice dello scatto. Le ragioni di questa decisione sono diverse da quelle che muovevano il fotografo di un secolo fa; ma resta l’azione di scegliere dal flusso del visibile ciò che appare degno di essere catturato e sottratto non solo allo scorrere del tempo ma anche al mare di immagini scattate sulla superficie delle cose, che rischiano di sommergerlo e togliergli ogni rilevanza. E, infine, perché ci sia una qualche possibilità che questo salvataggio avvenga, è necessario che l’immagine sia tecnicamente all’altezza della visione che pretende. Oltre che intenzionale l’arte è anche una sintesi di ispirazione e tecnica, di poiesis e teknè; ed è quindi in questi elementi, declinati nel contesto tecnologico ed estetico dell’oggi, che la fotografia trova la giustificazione alla sua aspirazione di farsi guardare.
Intenzionalità , selezione, ispirazione, tecnica. Il mio viaggio nella fotografia si disegna tra questi quattro punti cardinali.